Accanto alla chiesa di Tavo, sul lato nord, corre un lungo fabbricato composto da diversi corpi abitativi che un tempo facevano parte di un unico edificio di origini duecentesche. La Villa appartenne alla nobile famiglia padovana dei Mussato, nella cui storia ultracentenaria ebbe discendenti illustri, famoso fu Albertino Mussato (1261-1329), uomo politico, storico e letterato, molto onorato e apprezzato. Notaio già nel 1282, entrò nel 1296 nel pubblico consiglio della sua città, ed ebbe da allora molti incarichi politici. Nel Natale del 1315, primo in Italia, fu solennemente incoronato a Padova storiografo e poeta. Amantissimo della patria e della libertà, fu più volte esule. Secondo la tradizione famigliare la casa ospitò, con Albertino, anche Francesco Petrarca. In seguito, in occasione delle visite pastorali a Tavo, quasi tutti i vescovi soggiornarono nel palazzo. In particolare, il 12 settembre 1680, S. Gregorio Barbarigo, allora cardinale, che lo definì “costruito magnificamente” (congregatis in Palatio Nob. Paduani de Mussati magnifice constructo). Qui dimorò nel 1746 il cardinale Carlo Rezzonico, divenuto in seguito papa Clemente XIII (1758-69). L’ultima erede della famiglia Mussato, la contessa Anna (1798-1854), unica figlia del co. Emmanuele Mussato andò sposa nel 1815 al prof. Giovanni Farini. Così i beni Mussato, tra cui gli ampi possedimenti di Tavo, la villa Mussato, nonché quelli di Padova, passarono alla suddetta famiglia. I Farini, di illustre origine provenivano dalla Romagna, precisamente da Russi, dove fu famoso il ramo di Carlo Luigi Farini, la cui discendenza ebbe anche il titolo nobiliare. Carlo Luigi (1812-1866) fu letterato ma soprattutto grande uomo politico, tanto che gli venne assegnato uno dei primi posti tra i creatori della Nuova Italia. Fu anche Presidente del Consiglio. Un ramo della famiglia Farini si stabilì a Padova col suddetto prof. Giovanni (1777-1822), docente e ordinario di Scienze Matematiche presso l’Università, ove fu chiamato ad insegnare. Il 22 aprile 1975 l’ultima erede della famiglia Farini, Marta, vendette la villa Mussato all’ing. Gianfranco Morosinotto il quale, viste le pessime condizioni di abbandono in cui essa versava, dette inizio ad una lunga ed accurata opera di restauro. L’ing. Gianfranco Morosinotto, nato a Camisano Vicentino (1932-1997), subentrò nel 1964, dopo la prematura morte del padre Giuseppe, nell’impresa edile da questi fondata e in cui già lavorava come progettista e direttore ai lavori. Egli diede così inizio ad importanti opere di restauro su palazzi storici di Padova, e si fece strada nel campo delle nuove costruzioni. Professionista molto stimato e proiettato nel futuro. Nel 1996 l’ing. Morosinotto vendette la villa al figlio Giampiero a condizione che venisse ultimata l’opera di restauro da lui iniziata. Successivamente, gli interventi conservativi degli ultimi anni e completati nel 2012 ci presentano villa Mussato come la vediamo oggi. La costruzione subì nei secoli molti rimaneggiamenti, senza tuttavia perdere gli elementi edilizi delle origini, oggi rimessi in luce. Una ristrutturazione risale al 1708, come documentato dalla medesima data emersa dall’intonaco interno e indicatrice di lavori settecenteschi. Vari edifici costituiscono il lungo complesso. Partendo da sud troviamo un primo corpetto a due piani aperto in un bel portale ad archivolto con cornice in pietra, cui si affianca un androne ad arco ribassato; in corrispondenza dei due accessi al primo piano si aprono due semplici finestre con soglia in evidenza. Di seguito si trova un fabbricato molto antico con i muri in mattoni a vista alternati a scaglie di pietra, cui corrisponde sul lato del giardino interno una loggetta su colonne ed un’altra finestra ad arco acuto. Successivamente una parte di fabbricato ha mantenuto l’antica disposizione a porticato con piano soprastante. Questa porzione, oggi divenuta abitazione a due piani, è composta al piano terra dal tamponamento dell’antico portico con al centro un ampio portale ad archivolto e larga cornice a bugnato; le finestre sono rettangolari, mentre quelle del primo piano sono piccole e quadrate, poste proprio sotto la cornice del tetto. Sul fronte opposto spiccano una monofora archiacuta, una bifora trilobata e un’arcata gotica. Un bel giardino interno verso il fiume Brenta è decorato con statue e colonne, e cintato da un muro settecentesco. Il lungo complesso termina a sud con un palazzo all’interno del quale si apre, inglobata sul muro di confine col fabbricato precedente, un’altra bifora trilobata divisa da una slanciata colonnina in pietra con capitello. Il palazzo si eleva in forma rettangolare su due piani più le soffitte, con salone passante al centro e stanze ai lati. L’entrata, centrale alla facciata, è costituita da un portone ad archivolto, incorniciato da bugnato, al quale corrisponde al piano nobile l’accesso al salone pure ad archivolto, con semplice balaustra in pietra. Le finestre sono ad architrave con soglia in rilievo; quelle del piano sottotetto, quadrate, precedono la semplice cornice del tetto. Gli interni hanno alle pareti tracce di affreschi, fregi sotto i solai e monocrome nelle sovrapposte, probabilmente seicentesche; gli stipiti in pietra delle porte sembrano di origine cinquecentesca. Questa casa è ricordata dai documenti d’archivio nel 1645 come “casa dominicale con orto, brolo e campi”, ancora appartenente ai Mussato. Pur nella complessità della struttura, essa porta i segni di una grande antichità e di un illustre passato.
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